Almeno, tacete! di Antonio Belsito

A chi sa.

E alla complicità.

Tacete.
Non urlate.
Non ululate.
Non fate rumore.
Vi prego.
Tacete.

Piange la mamma a cui hanno ammazzato (per gioco) il figlio perché “comandiamo noi sulla vita degli altri!”, piange il piccolo fornaio che si sveglia alle tre di notte per tirare a campare perché lo estorcono e lo estorcono ancora e ancora senza fermarsi perché “comandiamo noi qui!”, piange l’imprenditore che ha la sola “colpa” di essere valore su una porzione di territorio ove produce e diventa posti di lavoro perché deve rendere, imperativamente, conto “pure qui comandiamo noi!”, piange il piccolo e umile contadino che non può godersi il terreno in proprietà perché “qui pascolano le nostre greggi poiché anche qui comandiamo noi!”, piange quell’amministratore che si trova la porta crivellata di colpi perché onesto, piange quel pubblico impiegato che si trova la macchina danneggiata perché non è corruttibile, piange quel libero professionista che “non sta al gioco come gli altri!”, piange quel prete che cerca di aiutare i più deboli perché “questi vanno lasciati affamati per essere arruolati!”, piange quel nonno che vede il nipote imbottito di droga “perché se ti droghi poi non puoi uscirne!”.

Piange la povera gente.

L a p o v e r a g e n t e.

E, intanto, dicono e scrivono che non è colpa di nessuno.
E, intanto, ciò continua ad accadere.

Ma se non è colpa di nessuno, allora, perché si patisce – incessantemente – ancora tutto ciò?

Tacete.
Non urlate.
Non ululate.
Non fate rumore.
Vi prego.
Tacete.

(Copyright2020)

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