Il sorriso così imponente che sorridevano pure gli occhi, quegli occhi che raccontavano la tempra umana di Antonio. Quel sorriso così esplosivo che non faceva accorgere neanche della carrozzina che lo cullava e delle tribolazioni fisiche che lo attanagliavano. Antonio respirava sorridendo e incoraggiava ai colori della vita che, pur nelle differenti gradualità, erano – sempre e comunque – vitalità, esistenza, esserci, essenza.
Ci siamo trovati poche volte e altrettante ci siamo scritti ma bastava, davvero, poco per sentire quell’abbraccio energico che rendeva l’anima poderosa e muscolosa del gigante Antonio.
Gigante, sì.
Ma non perché ora non è più.
Antonio è e sarà per sempre quel suo ESSERE TALMENTE UMANO da dare del “tu” al coraggio, quel coraggio che non emulava gesta eroiche ma si dipanava nella semplicità più autentica di un’espressione vitale che Antonio rendeva normale: la sua forza era eroica in se in quanto non lasciava trasparire il colore dell’anidride carbonica, bensì dipingeva con i colori dell’ossigeno.
Insegnava, sì.
Ma senza volerlo, senza elevare pennacchi.
Antonio insegnava con l’afflato genuino del suo cuore generoso e sempre a difesa dei più deboli, degli invisibili, degli emarginati.
E scriveva pure Antonio e descriveva la vita, esortando alla parola quale confronto umano di crescita, bisogno di capirsi e di capire.
Respirava Antonio e diceva.
Respirava e scriveva.
Respirava e sorrideva.
Si batteva con e per il senso civico, il senso di cittadinanza, il senso di appartenenza a una comunità, a una patria, a una umanità.
Antonio non era la carrozzina o i ricoveri ospedalieri o gli interventi chirurgici che subiva: quando un cuore così muscoloso prepara la tavolozza dei colori, il dipinto è solo estasiante.
CIAO ANTONIO.
Antonio Belsito 